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Good morning Vietnam!

Doveva essere Cuba. Ne abbiamo parlato per mesi, controllato tariffe aeree, pianificato percorsi. Alla fine, niente. E allora ho deciso per il Vietnam. Da sola, o meglio con ViaggieMiraggi. Quindici giorni, densi e scattanti, dal Nord al Centro al Sud, valigie sempre in carico e scarico, protezione solare, antizanzare, cappello e ombrello sempre in borsa.

Ma andiamo con ordine. Primo incontro all’aereporto di Milano, banco Aeroflot. Dodici persone più l’accompagnatore (tredici quindi, ma non porterà male?). Presentazioni, strette di mano, l’inizio di una storia lunga due settimane. Con pochi sguardi ci soppesiamo, valutiamo, interpretiamo; dovremo condividere ore e ore di pulmino, colazioni pranzi e cene, gite in barca in bici in moto … Ed è andata benissimo.

Atterriamo ad Hanoi alle otto di mattina dopo nottata quasi insonne ed è subito … pioggia! Bagnati fradici visitiamo il Tempio della Letteratura, il Mausoleo di Ho Chi Minh e il Quartiere Vecchio. Hanoi, assordante di motorini, in sella in due, in tre, anche quattro, più mobili, animali o viveri. Le donne sfrecciano completamente coperte: mascherina, cappuccio, occhiali, casco, guanti, mantelle sulle gambe a coprire pantaloni e gonne. Ci saranno più di 30 gradi ma non un centimetro di pelle deve prendere sole. Noi sudiamo solo a guardarle.

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Il Quartiere Vecchio ha un suo fascino: difficilissimo attraversare le strade, i marciapiedi sono parcheggi per scooter (anche due, tre file), ma anche il posto preferito dai vietnamiti per cucinare, lavare i piatti, mangiare. Accovacciati a terra preparano zuppe fumanti, pesce e carne arrosto, riso in padella; prendi posto su un micro sgabello di plastica blu e sei servito. Street food! Nel dedalo delle strade si alternano, combinati a caso, centri di massaggi, boutique hotel, pagode, botteghe di paccottiglia per turisti, eleganti locali di legno scuro orchidee e lanterne. Tra il puzzo di fogna, i risciò e i clacson assordanti. Che bello rifugiarsi un attimo in albergo!

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Ma non è che l’inizio, e il Nord ci aspetta. Villaggi tra le montagne, case su palafitte, tre notti ospiti in famiglia, alla scoperta delle minoranze etniche. Dormiamo tutti e tredici insieme (e non ha portato male!), ognuno il suo futon, la sua zanzariera, la lucina vicino al cuscino. Si dorme al piano superiore, si entra senza scarpe e non ci si avvicina all’altarino degli antenati. Ovviamente facciamo a turno per l’unico bagno.

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La mattina ci sveglia il gallo e il profumo di caffé, intenso e cioccolatoso. Pronti per un lungo trekking nel bosco, con vista risaie. Non importa se le scarpe affondano morbide nel fango, “non ti preoccupare, le laviamo nel fiume poi!” I pendii son di un verde che abbaglia e i bambini ci salutano dalle case. Rientriamo a casa dopo una fresca bia hoi (la birra artigianale del Nord) lungo la strada, ” chi fa la doccia per primo?, ed è subito notte. Dopo cena passeggiamo un po’ fuori del villaggio per guardare le stelle, e andiamo a letto presto. Domani ci aspetta il giro in bici.

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Lasciamo le montagne del Nord a bordo del nostro pulmino, ormai una seconda casa, la guida ci delizia con il suo repertorio di canzoni italiane, e ci spostiamo verso la baia di Halong. Scongiuri e preghiere perché la crociera non venga annullata all’ultimo momento per il brutto tempo e finalmente siamo pronti a salpare sulla Victory Star, la nostra giunca a quattro stelle. Legno scuro, palme, cuscini di seta: entro in cabina e non vorrei uscirne, la baia e le isole scivolano lentamente via dal mio balconcino … ma chiamano per il pranzo e l’escursione in sampan, il corso di cucina … però una lunga doccia vista baia non me la toglie nessuno!

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I giorni scorrono sempre più veloci, ci siamo ormai assuefatti all’umido e al riso fritto, i noodles, gli involtini primavera e l’insalata di papaya verde. Così voliamo al centro: Hoi An, la città delle lanterne, magia di lucine sul fiume, e Hue, la città imperiale. Poi di nuovo in volo verso il sud, Ho Chi Minh City (la vecchia Saigon) e il delta del Mekong, il mercato galleggiante, altri villaggi e ancora banani, palme, manghi …

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Hoi An

Siamo quasi alla fine. Visitiamo il Museo della Guerra a Saigon e ci prende l’amarezza, per lo spreco di vite umane, gli errori commessi, i risarcimenti mai avuti, la sconfortante eredità delle bombe al Napalm. Ed è solo davanti alle foto di villaggi in fiamme e corpi mutilati che il sorriso vietnamita si spegne e prende il suo posto un velo di dolore.

 

 

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